Gli indios Zoè
Da quando negli anni sessanta il governo brasiliano varò il progetto che aveva come obiettivo la costruzione di una rete autostradale nella foresta (la Transamazzonica), diede in tal modo la possibilità a centinaia di migliaia di contadini senza terra di trasferirsi in Amazzonia dove di spazi ce n'erano in quantità. L'esperimento per i coloni si rivelò ben presto fallimentare, cosa che invece per le imprese esportatrici di legname (autorizzate dal governo a dotarsi di basi nel cuore della foresta) si rivelò redditizia.
Per le tribù indigene della più grande foresta tropicale del pianeta fu l'inizio di una serie di guai, che durano fino ai giorni nostri...
La tribù degli Zoè (nella loro lingua significa "noi") vive nel cuore della foresta amazzonica come se il tempo, per magia, si fosse fermato al Neolitico. E' composta da poco più di 200 indios che vivono completamenti nudi, se non qualche ornamento. Donne e bambine hanno copricapo fatti con piume d'uccello e il loro simbolo etnico consiste in un cilindro di legno bianco innestato attraverso un taglio sui denti da latte, nella parte interna del labbro inferiore.
Gli Zoe' vivono il loro quotidiano in un'atmosfera serena senza conoscere la noia.
Il loro mondo è la foresta e il grande fiume: cacciano, pescano, raccolgono frutta, coltivano un tubero con cui fanno la farina, vivono sotto tetti di paglia. Non c'è nè gerachia nè un capo ed il loro nucleo familiare è composto in prevalenza da più mariti, una sola moglie e diversi figli.
Tuttavia, nonostante l'intervento del FUNAI (Fundacion Nacional do Indio), l'Organismo del governo brasiliano per la protezione degli indios, il quale ha consentito una demarcazione del territorio, una grave minaccia incombe sulla tribù.
Dista appena a 30 chilometri dal confine sud della riserva e porta il nome di "garimpeiros" (cercatori d'oro e di diamanti), uomini avidi e violenti, speculatori che non si fanno scrupoli a uccidere i nativi per indurli ad abbandonare le terre.
Ed ora, proprio perchè il pericolo si è reso imminente, si è deciso d'installare un sistema di Radio Sorveglianza che consente d'intervenire tempestivamente in caso di necessità.
Ma qualcosa già mi dice come andrà a finire...
Difatti... ad appena 20 chilometri dalla riserva inesplorata degli Zoe (Zo'è), nel pieno della Foresta amazzonica, è ormai prossimo il più grande flagello mai capitato a questo popolo d'indigeni: la soja. La soja è qualcosa di straordinario. Viene commercializzata nel Rio Grande del Sud a migliaia di chilometri; ha risalito il Brasile intero ed ora è nella valle del Rio delle Amazzoni, ha oltrepassato il fiume ed è arrivata nella zona Nord. E' assurdo che nessuna forza nazionale s'interponga in questa distruzione permanente dell'habitat, non solo di poveri indiìgeni o animali, ma l'habitat di microrganismi, di specie che noi non conosciamo nemmeno per un terzo e stiamo distruggendo tutto questo ad una velocità impressionante. E niente, nessuna forza s'interpone per proteggere la parte nord dell'Amazzonia dove bisognerebbe proibire la semina della soja, perchè la soja richiede grandi distese di terra.
E le grandi distese si ottengono bruciando, devastando, distruggendo con il fuoco la foresta. GreenPeace torna a lanciare l'allarme e identifica proprio nella zona di Santarém la nuova frontiera di questa guerra della soja. Nel porto di Santarém è stata costruita la nuova sede della Cargill, una delle tre multinazionali che operano in Brasile nel campo agricolo. La Cargill, capitale nord americano, la più grande impresa del mondo nel settore, ha attirato a se i produttori di soja e per GreenPeace questo è l'inizio dell'avanzata in grande stile della deforestazione dell'Amazzonia. In pochi anni il Brasile ha quintuplicato la produzione di soja. Enormi navi cisterne caricano la soia coltivata e il legno tagliato e solcano i fiumi affluenti del rio delle Amazzoni per raggiungere le segherie e i depositi di stoccaggio. Con navi in grado di trasportare l'equivalente di 1000 camion, la Cargill effettuta spedizioni verso il porto di Liverpool da dove poi la soja raggiunge tutta Europa, utilizzata per la produzione di tantissimi alimenti, biscotti, cereali, prodotti per fast food, gelati, oli vegetali, caramelle, mangimi animali... tutti prodotti usati quotidianamente nel mondo occidentale.
Il mondo chiede soja e in Brasile aumenta la produzione, aumenta il disboscamento, aumenta il numero d'incendi. GreenPeace ha denunciato fenomeni di violenza ai danni di coloro che non avevano venduto i loro appezzamenti di terreno, poche migliaia di dollari per centinaia e centinaia di ettari, e che sono stati minacciati ed hanno visto andare in fumo la loro casa. Centinaia di fuochi accessi dai sojero e dai madereiros per bruciare la foresta, affinchè si possa coltivare la soja. Le ultime stime dicono che nel Mato Grosso, in un solo anno è stato abbattuto il 20 per cento di foresta amazzonica.
Altri paesi della parte ricca del mondo hanno programmato di usare non solo mais, ma anche grano, semi di girasole, di colza ed altri alimenti per la produzione di combustibile. Per gli europei, per esempio, sarebbe molto redditizio importare tutta la soja del mondo allo scopo di ridurre il consumo di combustibile delle loro automobili. Un po' come succede per l'olio di palma, adottato dalle aziende energetiche europee come fonte di energia sostenibile, dove la sua produzione sta provocandoo la perdita d'una vasta fetta di territorio della foresta pluviale del sud est asiatico e un frenetico uso di fertilizzanti chimici nelle piantagioni di palme in Indonesia e Malesia.
Per questo, la Ong Saude e Alegria (salute e allegria), presente sul territorio e amica degli Zoè, si prodiga in un impegno che va al di la della stessa solidarietà, raggiungendo circa 150 comunità composte da circa trentamila persone, tra le più sperdute della foresta, tra le quali gli Zoè, ormai rimasti in 274, prossimi all'estinzione. Con il suo operato la Ong brasiliana è riuscita a ridurre la diarrea, l'evasione scolastica, l'indice di analfabetismo, e un miglioramento della rendita familiare con pratiche sostenibili.
Ma forse se ci facessimo tutti un esame di coscienza... uno di quelli che ti scava dentro e ti scuote la coscienza, forse quei 274 Zoè (Zo'è), potrebbero vivere e procreare ancora, vivendo magari sempre più in armonia col loro habitat ma anche in una forma più civilizzata. Naturalmente, non sarà così per coloro che vedono in loro solo degli "sporchi indigeni da sterminare"... e ai quali va tutto il mio, spero anche il vostro, disprezzo.
Fonte: L.V.`
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